GRATTACIELO IN FIAMME A MILANO: QUALE LEZIONE TRARRE A LIVELLO DI MEDIAZIONE IMMOBILIARE?

Home  /  Blog  /  GRATTACIELO IN FIAMME A MILANO: QUALE LEZIONE TRARRE A LIVELLO DI MEDIAZIONE IMMOBILIARE?

blog image

GRATTACIELO IN FIAMME A MILANO: QUALE LEZIONE TRARRE A LIVELLO DI MEDIAZIONE IMMOBILIARE?

31 / 05

Tutta Italia è rimasta scioccata dalle immagini del grattacielo di Milano, che, a causa di un incendio sviluppatosi in uno degli appartamenti ubicati ai piani più alti, in pochi minuti è stato interamente avvolto dalle fiamme come uno di quei fantocci di pezza, che vengono bruciati per festeggiare la fine del Carnevale.

Al di là delle domande su come sia stato possibile che sia stato distrutto dalle fiamme in pochi minuti un grattacielo edificato nel 2010 in quella Milano, nella quale nell’immaginario collettivo nazionale aleggia una sorta di efficienza di livello superiore rispetto al resto d’Italia, domande a cui risponderanno le perizie dei tecnici e degli esperti incaricati di fare luce sulle cause non solo dell’origine dell’incendio, bensì anche della velocità della sua propagazione in un edificio, che avrebbe dovuto rispettare tutti i più recenti dettami della stringente normativa antincendio, nascono numerosi interrogativi in tutti coloro che operano nel settore immobiliare per comprendere come si possa tutelare una compravendita dal rischio di danni da incendio all’immobile compromesso in vendita.

In particolare, cosa succederebbe oggi se uno dei proprietari di uno degli appartamenti completamenti distrutti dall’incendio lo avesse, in precedenza, promesso in vendita ad un acquirente e questi avesse già versato una cospicua caparra confirmatoria a quel venditore?

Per i non addetti ai lavori un’ovvia risposta sarebbe la previsione della restituzione del doppio della caparra versata da parte del venditore a favore dell’acquirente!

Certo questa è la risposta più facile. Ma la vita è complessa e nella pratica poi si incontrano difficoltà del tutto opposte a quanto si studia sui libri di diritto. Laddove un venditore fosse nella condizione economica di poter restituire l’importo dovuto all’acquirente, ovviamente a quel punto, seppur afflitto dalla tragedia che lo avesse colpito, il proprietario si vedrebbe costretto a versare al compratore una somma importante.

A tal proposito, è importante chiarire fin da subito che, in una recente sentenza del 2021, esattamente la n. 219 emessa dal Tribunale di Spoleto, il Giudice adito si è espresso su una controversia sorta in relazione all’applicazione di un contratto preliminare di compravendita relativo ad un immobile, stipulato pochi giorni prima degli eventi sismici del 2016, che interessarono la regione Umbria. Nella fattispecie specifica, successivamente alla stipula del contratto preliminare, a causa dei citati eventi sismici, il bene oggetto del contratto subì gravissimi danni, risultando quasi interamente distrutto. Il Tribunale di Spoleto, quindi, ha dichiarato la sopravvenuta impossibilità della prestazione per fatto non imputabile alle Parti, ed ha dichiarato la risoluzione del contratto, condannando la parte convenuta (ossia il venditore) alla restituzione dell’intero importo della caparra ricevuta e, si noti bene, non al doppio della caparra confirmatoria.

Immaginiamo, però, ora un caso astratto, ma assolutamente possibile, ossia un proprietario di un immobile del grattacielo, completamente distrutto dall’incendio, che avesse in precedenza ricevuto un importo a titolo di caparra confirmatoria da parte di un acquirente interessato all’acquisto al momento della stipula di un contratto preliminare di compravendita in un periodo antecedente all’evento disastroso verificatosi, ipotizzando, al contempo, anche che il proprietario non abbia più la disponibilità di tale somma di denaro, perché, per rendere l’esempio ancor più veritiero, nel frattempo investita nell’acquisto di un altro immobile e, quindi, versata ad un altro soggetto venditore di altro immobile al momento della stipula di idoneo contratto preliminare di compravendita.

La questione si complica e non poco…

Lo sfortunato proprietario dell’appartamento incendiato si troverebbe nella duplice tragica posizione di venditore obbligato a restituire la caparra confirmatoria ricevuta per la vendita del suo immobile distrutto dalle fiamme e di acquirente potenzialmente inadempiente nei confronti del terzo, che dovrebbe vendergli il nuovo appartamento. Da un punto di vista economico è una catastrofe, senza considerare gli aspetti umani e psicologici, degni di immenso rispetto. Per quanto riguarda l’immobile da comprare, ovviamente, laddove riuscisse a portare a termine l’acquisto o mediante disponibilità finanziarie proprie o mediante il finanziamento bancario, si potrebbe trovare una soluzione abbastanza semplice. Laddove, invece, non avesse altre disponibilità economiche oltre alla somma già versata e fosse già raggiunto il limite massimo di accessibilità al credito, lo sfortunato proprietario/acquirente rischierebbe, sul piano giuridico, anche di perdere la caparra confirmatoria versata al venditore del nuovo immobile, salvo gesti di magnanimità e nobiltà d’animo da parte di quest’ultimo, sempre più rari nella società italiana di oggi.

Il problema importante, tuttavia, rimane in relazione all’immobile distrutto dalle fiamme.

Per un agente immobiliare professionista sorge spontanea l’esigenza di porsi l’interrogativo di come poter tutelare i propri clienti nelle future compravendite, dal momento che tutti gli italiani, guardando in tv le immagini del grattacielo andato a fuoco, hanno preso consapevolezza della facilità di veder andare in fumo in pochi minuti i ricordi, i sacrifici ed i risparmi di una vita. Come potremmo noi agenti immobiliari trovare delle garanzie idonee a tutelare, a questo punto, un proprietario, che si fosse obbligato a vendere il proprio immobile e che per una disgrazia imprevedibile (incendio, terremoto, evento atmosferico disastroso e simili) si ritrovasse all’improvviso a non poter tener fede all’obbligo assunto con il contratto perché l’immobile è andato distrutto?

In un contesto economico-sociale, come quello attuale, fortemente condizionato dalla pandemia che imperversa dal febbraio del 2020, gli agenti immobiliari sono quotidianamente impegnati a confrontarsi con proprietari, desiderosi di vendere il proprio immobile al prezzo più alto possibilmente ottenibile sul mercato, pur consapevoli delle importanti riduzioni dei valori di mercato degli immobili dell’ultimo decennio, ma contemporaneamente contrari a sostenere il ben che minimo costo richiesto per la corretta vendita dell’immobile secondo la normativa vigente. Qualunque agente immobiliare potrebbe raccontare quante giornate abbia trascorso a convincere proprietari di ogni livello colturale ed estrazione sociale a sostenere i costi necessari all’adeguamento dell’immobile alle prescrizioni normative attualmente in vigore, relative alla dotazione dell’attestato di prestazione energetica o alla rettifica di una planimetria catastale non corrispondente all’attuale stato di fatto dell’immobile o ancora alla demolizione di un abuso edilizio non regolarizzabile.

Non mi soffermo sui tanti proprietari che, desiderosi di vendere privatamente senza l’ausilio di un agente immobiliare professionista capace, si avventurano nella giungla del mercato immobiliare, convinti di poter far da soli, con l’illusione di risparmiare il costo della preziosa consulenza del mediatore immobiliare, per poi ritrovarsi nelle aule di tribunali, traboccanti di cause civili tra acquirenti e venditori, che abbiano stipulato contratti preliminari di vendita lacunosi e forieri di contenziosi di lunga durata e dal costo maggiore rispetto al compenso medio di un’agenzia immobiliare.

Concentro, invece, la mia attenzione sull’esigenza di tutelare il cliente proprietario, il quale, in quella delicata fase di interregno tra l’aver perfezionato la vendita del proprio immobile ed aver concluso l’acquisto del suo nuovo immobile, si ritrovi nella sfortunata posizione del proprietario dell’immobile nel grattacielo di Milano distrutto dall’incendio, che abbiamo preso come esempio per affrontare il nostro ragionamento con queste riflessioni.

Salvo il caso di disponibilità economiche tali da poter affrontare eventi disastrosi con una certa serenità, per il restante 99% della popolazione italiana credo che sia assolutamente doveroso studiare una soluzione che, a priori ed a prescindere dal verificarsi o meno di un evento distruttivo, metta comunque un proprietario in condizione di poter gestire serenamente anche un evento così tragico dai risvolti economici tali da far tremare i polsi a chiunque, come quello dell’incendio al grattacielo milanese.

Credo che la soluzione più semplice, ed al contempo meno onerosa per un proprietario, sia la sottoscrizione di una polizza assicurativa al momento della stipula del contratto preliminare di compravendita, con il quale si sia obbligato a vendere il proprio immobile incassando una caparra confirmatoria importante, che preveda, da un lato, il risarcimento del danno economico subito dal proprietario e frutto dell’obbligo ex lege di restituzione all’acquirente della caparra confirmatoria ricevuta e, dall’altro, il risarcimento dei danni procurati all’intero edificio ed ai singoli proprietari degli altri immobili andati distrutti e proprietari anche delle parti comuni del palazzo divorate dal fuoco.

Generalmente, una polizza assicurativa contro il rischio di incendio e scoppio è obbligatoria, quando l’acquirente di un immobile vuole perfezionare l’acquisto anche tramite un mutuo bancario. L’istituto mutuante, in tal caso, tra le condizioni contrattuali per l’erogazione del mutuo, impone al cliente di stipulare tale polizza. Ma questo prodotto assicurativo, nella maggior parte dei casi, ha l’obiettivo di coprire solo i danni all’immobile oggetto dell’acquisto e non anche agli altri immobili del palazzo, laddove si verificasse un incendio causato per incuria o negligenza del proprietario di quel determinato immobile e che si estendesse anche ad altri immobili. Inoltre, è da verificare se tale polizza sia stata sottoscritta con l’indennizzo massimo pari all’importo del mutuo da restituire alla banca ovvero pari al valore totale dell’immobile.

A tal proposito, è bene specificare che, di solito, le compagnie di assicurazione in caso di scoppio ed incendio propongono un'assicurazione a primo rischio assoluto, ossia un’assicurazione che impegna la compagnia assicuratrice ad indennizzare il danno verificatosi fino a concorrenza del valore assicurato, anche se quest’ultimo risulta inferiore al valore globale dei beni assicurati (valore assicurabile). Non si applica dunque, con questa forma di assicurazione, la cosiddetta regola proporzionale, regola che si applica, invece, nei casi di sottoassicurazione, ossia quando il valore del bene assicurato risulta, al momento del sinistro, superiore a quello dichiarato in polizza: l’indennizzo spettante all’assicurato non corrisponde all’intero ammontare del danno, ma viene ridotto in proporzione al rapporto tra valore assicurato e valore del bene al momento del sinistro. Non viene applicata nelle assicurazioni a primo rischio assoluto.

Non sono un esperto di assicurazioni, ma ritengo che non esista, oggi, una polizza assicurativa che preveda sia il risarcimento del danno al proprio immobile ed agli immobili di terzi attigui al proprio nel quale si sono generate le fiamme, sia il risarcimento del danno economico provocato all’acquirente dall’impossibilità della prestazione di vendita per l’intervenuta distruzione del bene promesso in vendita a seguito dell’incendio. In tal caso, si potrebbe ipotizzare che nella polizza assicurativa, stipulata per il risarcimento del danno del proprio immobile, una determinata somma, pari alla caparra confirmatoria versata dall’acquirente dell’immobile poi andato distrutto, sia vincolata a favore del terzo acquirente a tutela dell’adempimento previsto a carico dello sfortunato proprietario, così da non esporre l’acquirente al rischio di lungaggini per la restituzione della somma per ritardi del proprietario, che, comprensibilmente, in un caso tragico del genere, tenderebbe a procrastinare il più possibile la restituzione dell’importo dovuto. In un caso del genere, è assolutamente consigliabile, soprattutto a fronte dell’incasso di un importo in denaro di altri (l’acquirente nel nostro esempio), di destinare una parte di quella somma per stipulare la migliore polizza assicurativa possibile, magari di breve durata (visto che una compravendita generalmente si perfeziona in non più di dodici mesi), ma che preveda elevati massimali di garanzia e tutte le possibili variabili assicurabili.

Dubito, conoscendo l’indole dei proprietari di immobili, sempre troppo inclini ad evitare ogni possibile costo a proprio carico nella fase dell’alienazione di un proprio bene immobile, che tale tragedia verificatasi a Milano diventi un esempio illuminante di ispirazione generalizzata, atta a convincere tutti coloro in procinto di vendere una casa o un negozio a stipulare una simile polizza assicurativa, ma, ad oggi, se è pur vero che è molto raro un evento come l’incendio del grattacielo di Milano, è assolutamente incontestabile che l’eventuale ipotesi di un proprietario, che si ritrovi a dover restituire una caparra incamerata per un appartamento andato distrutto dalle fiamme, diventa un incubo ad occhi aperti da non lasciar dormire la notte!

Fortunae rota volvitur (la ruota della fortuna gira in continuazione)

Dott. Leonardo Raso

Amministratore Unico

LR Immobiliare S.r.l.  

Condividi

Il nostro
spot